Nel corso degli ultimi anni, un nuovo strumento è comparso nel mondo finanziario, riscuotendo un grande interesse da parte dei risparmiatori di tutto il mondo: la criptovalute. Un asset moderno, che ben rappresenta come il mondo, nel corso degli ultimi dieci anni, abbia letteralmente mutato fisionomia, grazie, in primis, alla digitalizzazione, elemento centrale e dominante degli anni ‘10 del nuovo millennio.
D’altro canto, qualsiasi settore ha cambiato volto grazie alla grande rete telematica, dalla fruizione degli eventi sportivi ai casino senza deposito, passando per la visione delle grandi serie televisive e molto altro ancora. Anche la finanza, com’era logico accadesse, è stata letteralmente modificata dal progresso tecnologico. Ed il fenomeno del trading online, in tal senso, ne è la testimonianza più evidente.
Bitcoin: nonostante l’alone di mistero, l’asset è apprezzato dai risparmiatori
Il simbolo di questo progresso è rappresentato, senza alcun dubbio, dal Bitcoin, ovvero la criptovaluta più famosa ed apprezzata del mondo, leader indiscussa dello specifico comparto. Essa vide la luce nel 2009, ma la sua nascita è avvolta da un alone di mistero che tutt’oggi, a distanza di oltre dieci anni, non è stato ancora risolto.
Ufficialmente, la sua nascita è ascrivibile ad un giapponese di nome Satoshi Nakamoto, che secondo alcuni esperti finanziari rappresenta un nome di pura fantasia. Prova ne sarebbe che, a distanza di breve tempo dalla sua creazione, questo esperto nipponico abbia lasciato la gestione della criptovaluta ad altri soggetti, che nulla hanno a che fare col Sol Levante.
Molti esperti, inoltre, fanno presente come i codici crittografici siano stati creati in un inglese impeccabile. E della lingua giapponese, di fatto, non esiste alcun documento ufficiale. I dubbi su come si sia originato il Bitcoin, quindi, sono destinati a restare in essere ancora per lungo tempo. E chissà se un giorno, magari anche lontano, si verrà a conoscenza del reale nome dell’inventore.
Un mistero, però, non è il grado di apprezzamento che ha riscontrato, col passare del tempo, nella vasta platea del pubblico indistinto dei risparmiatori, che hanno approcciato, talvolta non del tutto consapevolmente, a questo strumento finanziario. Il Bitcoin, infatti, è un buon ingrediente all’interno di un portafoglio diversificato, non può rappresentare, certamente, l’unico asset, o quello prevalente, di un portafoglio di un risparmiatore.
L’evoluzione del Bitcoin e quale potrebbe essere il suo futuro
E quanto accaduto nel 2021, in tal senso, ne è l’esempio più lampante. Il rendimento complessivo, infatti, è stato più che soddisfacente: un +20% che ha reso felici i possessori della più famosa criptovaluta del mondo. Il grafico del Bitcoin, però, fa ben comprendere come sia un asset spiccatamente volatile, che implica un’assunzione di rischio da parte dei risparmiatori certamente non contenuta.
Le salite e discese repentine, infatti, sono state le assolute protagoniste. E fanno comprendere come vada preso con le pinze, a maggior ragione per il fatto che, a differenza delle valute “fisiche”, non c’è alcuna regolamentazione da parte delle banche centrali: un investitore particolarmente avvezzo al rischio, quindi, non ne dovrebbe detenere in portafoglio più del 10% del controvalore complessivo dei propri investimenti.
Un altro dato di fatto, però, dimostra come il Bitcoin si sia evoluto nel corso del tempo e, seppur restando principalmente uno strumento finanziario, oggi ampliato le proprie funzioni, diventando, in alcuni casi, anche uno strumento di pagamento. Una fetta importante dei più importanti colossi tecnologici, infatti, lo accetta per l’acquisto dei propri beni e servizi. Ma la vera rivoluzione, però, potrebbe arrivare ancora una volta dalla Cina.
La “Grande Muraglia”, ormai dal 2014, ha ideato lo “Yuan digitale” che è sottoposto direttamente al controllo della banca centrale cinese, con una volatilità estremamente più contenuta rispetto alle altre criptovalute. Ma paragonare lo “Yuan digitale” al Bitcoin, però, sarebbe un errore grossolano: il primo è collegato direttamente alla valuta “fisica” ed è fiscalmente riconosciuta, a differenza, invece, delle altre criptovalute che sono rappresentati da token scambiati virtualmente.