Un nuovo studio pubblicato nei giorni scorsi mostra come la professione del commercialista sia cambiata nel corso del tempo in senso sfavorevole alla categoria: per chi si immagina ancora il commercialista come quel professionista che scappa con la cassa sarà una vera e propria doccia gelata, poiché sembra che i ruoli sia siano drammaticamente invertiti. E’ infatti il ‘dottore’ a dover rincorrere i propri clienti posto che le tempistiche di incasso si sono dilatate in maniera pericolosa.
Per quanto la tendenza accomuni molti altri paesi, a passarsela peggio sono proprio i nostri connazionali; nel bilancio complessivo vanno computate ore lavorate ma non fatturate, normative che cambiano in modo continuativo creando non poca confusione, pressione fiscale tra le più elevate al mondo, un continuo ribasso dei compensi (alla faccia di chi grida al ‘cartello’) ma soprattutto un allungamento dei tempi necessari a vedere entrare i pagamenti nelle proprie casse. Per riscuotere la parcella nello stivale ci vogliono almeno 120 giorni nel 25% dei casi considerati a fronte della media dell’8%; non migliorano i risultati nemmeno per i pagamenti a 60 giorni, 59% la media mondiale, 26% negli studi italiani.
Per quanto riguarda invece il rapporto tra ore lavorate ed ore effettivamente pagate (il cd ‘tasso di utilizzo’) Nel 42% dei casi analizzati il rapporto è inferiore al 60%, il che vuol dire che su 100 ore lavorate ne vengono pagate meno di 60, al di là del confine italiano invece, ad accettare di vedersi pagare in questo senso sono solo il 27% degli appartenenti alla categoria. Per sdrammatizzare diremo che i commercialisti italiani sono più generosi e disponibili nei confronti dei propri clienti!