Partita Iva Regime Agevolato: i “minimi” sempre più richiesti

Non tutti sanno che chi applica il regime dei minimi non può sostenere costi relativi a personale dipendente né per collaborazioni coordinate e continuative a progetto ma può sostenere e dedurre costi per collaborazioni occasionali. A fronte di questo assioma non costituisce una particolare sorpresa l’ultimo dossier preparato dal Ministero dell’Economia che analizza un dato singolare e cioè quanto sia aumentato il livello di interesse verso il cosidetto “vecchio” regime dei minimi rispetto a quello forfettario che non ha avuto lo stesso riscontro, pur essendo una novità rispetto agli standard a cui eravamo abituati.

Infatti secondo una stima presente in questo dossier 10 nuove partite IVA  aperte nel corso del mese di giugno, almeno 7 ( più della metà) hanno sostenuto con convinzione il regime dei minimi, e circa 3 quello del forfettario. Nello specifico emerge che su quasi 12 mila nuove aperture di partite IVA agevolate, 8.165 hanno sottoscritto il regime dei minimi, con imposta sostitutiva al 5%, mentre 3.796 hanno sposato il regime forfettario, con imposta sostitutiva al 15%.

Il risultato di questa analisi è tutt’altro che inaspettato andando a rafforzare la tesi che le nuove partite IVA italiane sono sempre più legate alla scelta del vecchio regime dei minimi con un dato pressoché interessante che riguarda le singole regioni, dove su 100 nuove partite IVA agevolate aperte nel corso del sesto mese dell’anno, ben 68 hanno deciso di mantenersi all’interno dei “vecchi” minimi nonostante alcuni vantaggi prospettati dal sistema forfettario come la liquidazione in un’unica soluzione in modo annuale, come l’esclusione dei minimi che continuavano a non essere soggetti ad Irap fino alla possibilità di dedurre le spese mediche e gli altri oneri deducibili oltre i contributi commercianti o artigiani. Probabilmente l’esclusione dalla tassazione agevolata che dal 20% scende al 5% e l’applicazione delle aliquote della tassazione normale a scaglioni di reddito che inizia dal 23% ha influito decisamente sull’insuccesso del nuovo sistema forfettario a favore del vecchio regime dei minimi.

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